PAGO VALLO LAURO – Assolto perché il fatto non sussiste. Dopo due anni dall’arresto, quello avvenuto il 10 aprile del 2010, questo il verdetto a carico di Vincenzo Nappi, l’imprenditore del Vallo di Lauro assurto alla ribalta nazionale a causa di un’accusa gravissima: quella di aver sciolto nell’acido un suo operaio, il quarantaduenne romeno Ivan Misu.
A deciderlo, al termine della discussione dei legali di Nappi, Giuliano Mariano e Sergio Cola, il Gup del Tribunale di Cassino Angelo Valerio Lanna. Anche il pm in aula aveva chiesto l’assoluzione dalle terribili accuse dell’uomo. Tra novanta giorni si conosceranno i motivi della decisione del magistrato, anche se uno dei punti chiave nel processo è sicuramente riferito all’inattendibilità dei testimoni. Quella emersa già nel corso dell’incidente probatorio, chiesto ed ottenuto dopo un anno di reclusione dall’imprenditore del Vallo di Lauro. Ma non solo. L’altro elemento su cui la difesa ha insistito è legato all’esame dei tabulati telefonici.
Quelli che racconterebbero un’altra verità su quella notte in cui secondo le accuse sarebbe avvenuto l’efferato fatto. Quella tra l11 ed il 12 maggio 2007 secondo la testimonianza dei connazionali di Misu. Per cui, stando alle indagini, quella sera Nappi doveva essere a Piedimonte San Germano. Invece era a Pago del Vallo di Lauro, da dove non si era mai mosso. Per questo motivo l’accusa principale nei suoi confronti è venuta meno. Una brutta storia. Efferata e crudele all’epoca in cui fece il giro dell’Italia, ancora più grave oggi, a distanza di due anni, quando una sentenza dimostra che il «mostro» Nappi in realtà quell’omicidio non lo ha mai compiuto. E chissà che fine avrà fatto il quarantaduenne Misu. Intanto l’imprenditore ha dovuto sopportare dodici mesi di custodia cautelare, ha dovuto chiudere il deposito e lavaggio degli autotreni che dal 1991 gestiva in provincia di Frosinone e, come racconta, ha anche meditato atti e gesti estremi, quando si è trovato in una cella con le gravissime accuse che gli venivano contestate dalla Procura di Cassino.
Omicidio, sequestro di persona ed occultamento di cadavere, con queste pesanti accuse è finito in carcere Vincenzo Nappi, imprenditore campano titolare di una rimessa di Camion a Piedimonte San Germano. Sarebbe stato lui con laiuto di un complice Fortunato Cusano 33 anni, oggi irreperibile, a sequestrare, torturare e poi sciogliere nellacido Ivan Misu, operaio rumeno di 42 anni impiegato da diversi mesi nella rimessa di camion di Piedimonte. La furia omicida dellimprenditore è stata scatenata da un ammanco di gasolio, pochi litri, che ha condotto al Misu. Vincenzo Nappi la notte tra l11 ed il 12 maggio 2007 avrebbe così disposto il sequestro delloperaio rumeno al fine di tagliargli lorecchio, picchiarlo a sangue fino alla morte e poi scioglierne il cadavere nellacido per togliere ogni traccia dellomicidio.
Questultimo passaggio del disegno criminoso sarebbe stato messo a segno nelle campagne avellinesi. Le indagini sono partite solo due anni dopo nel novembre del 2009 quando la sorella di Ivan Misu arriva in Italia dalla Romania e si presenta in questura a Frosinone per denunciare la scomparsa del fratello. Vengono interrogati i familiari in Romania dagli agenti dellinterpool, in Italia la squadra mobile coordinata da Carlo Bianchi in sinergia con il reparto operativo del comando provinciale di Frosinone batte a tappeto la zona spostandosi lungo la bassa Ciociaria secondo le indicazioni ricavate da testimonianze, intercettazioni telefoniche delle conversazioni del Nappi con i suoi sottoposti. Una fitta rete di indagini che ha poi stretto il cerchio sullimprenditore di Avellino e il suo complice di Santa Maria Capua Vetere. Alla fine la verità giudiziaria è stata unaltra. Le accuse sono cadute sia in fase preliminare che nel corso della stessa udienza preliminare. Anche se Riesame e Cassazione avevano confermato quella misura cautelare nei confronti dellimprenditore del Vallo di Lauro. Tra laltro Nappi aveva lasciato il Vallo di Lauro dopo aver ricevuto un attentato mentre si trovava a bordo di un autotreno. Ma prima che scattassero le manette per i terribili reati di cui era accusato, risultava incensurato.
Ieri, limprenditore era in aula. Per lui, che è stato ritenuto un soggetto che ha sempre reso «testimonianze genuine sui fatti», è la fine di un incubo. «Mi ha salvato la fede in Gesù e il fatto che ho sempre creduto nella giustizia- ci racconta a telefono con una voce emozionata- anche perchè in tanti anni di lavoro a Piedimonte San Germano non avevo mai avuto problemi con nessuno».