Casamarciano – Grande consenso di pubblico per la compagnia Il Canovaccio di Leonforte che ha presentato la commedia “Fumo negli occhi” di Faele e Romano per la regia di Sandro Rossino. Faele, nome d’arte di Raffaele Sposito è stato commediografo autore televisivo e sceneggiatore . Una commedia brillante la cui trama è così sinteticamente descritta: nella vita vi è spesso è volentieri un modo falso di apparire. Si tende al successo, al miglioramento delle proprie condizioni economiche e sociali. In tale ricerca affannosa sono diverse le problematiche che possono insorgere: in un quadro falso della propria vita emergono le proprie vanita con tutte le conseguenze deleterie che, a volte, possono complicare il proprio quadro familiare. È quello che accade ai protagonisti della vicenda. Le vanità della vita hanno un nome: auto di lusso anche quando non lo permettono le condizioni economiche, abiti firmati, gioielli, viaggi ed altro. È un poco quello che è definita la società dei consumi. Il paradosso si raggiunge ed assicurata la comicità dell’opera già nelle prime battute, quando la famiglia Cassarà, questo il cognome della famiglia protagonista impone alla figlia di vestirsi da cavallerizza pur non possedendo un cavallo da corsa, o quando acquista un antenna tv pur non avendo un televisore; bene di lusso pe r i tempi nei quali è ambientata la scena. Un opera ambientata negli anni 60 – 70, anni del grande boom economico. “Fumo negli occhi” di Faele e Romano, un classico del teatro italiano il cui racconto scenico e accompagnato da una ironia mai ordinaria e notifica apertamente questo stato sociale così attuale anche ai giorni nostri. Una trama, una sua contemporaneità, che non è così severa nella sua proposizione; è una riflessione che è comunque è inserita in un quadro di comicità, ironia , situazione grottesca. La storia narra di un ambiente familiare quello della famiglia Cassarà: due figli e un nonno che vede fantasmi da per tutto, una cameriera immigrata, il padre Casimiro, interpretato dallo stesso regista della compagnia, e la madre Rosa. Una famiglia come tante, che pur di apparire rinuncia all’apprezzamento di una calma e regolare vita quotidiana: al centro della scena campeggia un quadro di un presunto personaggio storico che quasi tutti eleggono al rango di loro illustre antenato. Le due famiglie, diciamo rivali, sono denominate Pipitone e appunto Cassarà. Casimiro è capo ufficio in banca; Gaetano Pipitone, che abita l’appartamento di fronte e semplice impiegato nello stesso ufficio. Per i Cassarà, con qualche perplessità da parte del capofamiglia, non è possibile essere da meno, così si diventa artefici di una sorta di raggiri e complotti per competere e primeggiare sulla famiglia vicina. Di certo la famiglia Pipitone spende, al di sopra di ogni possibilità e il tenore di vita è di livello superiore. Momento esaltante della commedia è una vacanza a Capri annunciata con molta esaltazione. Il risultato: i Cassarà saranno costretti a barricarsi in casa per fingere l’ ipotetica vacanza. In quella prigionia volontaria , in casa propria, dove le ore del giorno scorrono lente, si susseguono colpi di scena: un ladro che entra in casa, un soldato, fidanzato con la cameriera di casa, che bussa alla porta. Il finale riserva qualche sorpresa più che mai imprevista: le condizioni economiche della famiglia rivale, i Pipitone, non sono così chiare dal punto di vista della gestione legale; sono frutto di qualche cosa di illecito. La signora Pipitone interpretata da Stefania Galletta, approfittando che lo crede solo in casa, in realtà cercherà di circuire il sig. Cassarà con delle proposte appassionate , amorose alle quali sembra ben volentieri cedere. Anche quello è fumo negli occhi: è solo l’ultima mossa disperata per far fronte alla propria condizione critica; un aggir solo per i propri interessi. Chiarito il raggiro dopo un susseguirsi di comicità, il padrone di casa si riappropria della sua autorità e fa sparire dalla scena un odioso giradischi occasione per lui solo di rumori molesti che di musica vera e propria. Su quel riappropriarsi della normalità si chiude il sipario.
A.R.