Assisi, 6 ott. – E’ piu’ di un dito puntato, e’ la denuncia di un mal sottile che mina al midollo la democrazia e lo stesso convivere civile dell’Italia. Una crisi quale praticamente mai l’Italia aveva dovuto sopportare nella sua storia iniziata “dalle macerie del fascismo e della guerra”.
Giorgio Napolitano non usa mezzi termini per denunciare il danno che la caduta morale che si registra nella politica, ma non solo, sta provocando nella societa’, a cominciare dal fenomeno “fuoriviante dell’antipolitica”. Il fatto che il Presidente parli da Assisi, terra del poverello per eccellenza, non fa altro che aumentare la portata dell’appello. Napolitano siede sulla piazza inferiore della Basilica di San Francesco, accanto al Cardinal Ravasi e al direttore del Corriere della Sera Ferruccio De Bortoli. Oggetto del dialogo, il costante e continuo confronto tra credenti e non credenti, tra laici e cattolici, che tanto e’ parte della storia nazionale fin dalle sue origini.Un dialogo, quello tra queste due componenti, che oggi come non mai potrebbe “fornire stimoli per una ripresa di slancio ideale e di senso morale”, esordisce il Capo dello Stato, il quale, per sgombrare subito il campo da possibili confusioni, mette in chiaro che di questo rilancio “ha acuto bisogno la nostra comunita’ nazionale come in pochi altri momenti da quando ha ritrovato, con la democrazia, la sua liberta’”.
Parole pesanti, che fanno sprofondare il Paese in un abisso morale paragonabile a quello degli anni piu’ cupi del Novecento. Nessuna citazione diretta di consiglieri regionali di grande discrezionalita’ nella gestione dei fondi, di tesorieri di partito molto distratti, nemmeno di esattori delle tasse comunali che da soli danneggiano l’erario pubblico piu’ di tutti i casi precedenti messi insieme.Pero’ e’ evidente che “la societa’ italiana sta attraversando una fase di profonda incertezza e inquietudine, nella quale forse sarebbe da rivisitare e piu’ fortemente affermare la nozione di bene comune o quella di interesse generale”. Bisogna allora “suscitare tra gli italiani una piu’ diffusa presa di coscienza e mobilitazione morale e civile”. – Napolitano non cita solo la politica. Cita l’intera societa’, quasi a voler significare che la pianta e’ marcia forse alle radici, o almeno anche le radici vanno curate con attenzione. Certo, i tempi sono duri e “la profonda incertezza e inquietudine nascono dall’asprezza delle prove cui l’Italia e’ sottoposta per effetto della crisi, nel contesto di un’Europa non abbastanza unita, solidale e lungimirante”. Pero’ ci sono altri elementi che non vanno sottovalutati, o almeno non usati come scusa per non fare i conti con la realta’ dei fatti: “Quel che in Italia acuisce l’incertezza, e produce grave disorientamento, e’ l’inadeguatezza del quadro politico a offrire punti di riferimento e prospettive, percorso com’e’ da spinte centrifughe e tendenze alla frammentazione”.Sono “contrapposizioni sterili e una reciproca delegittimazione che soffocano il paese”. Per non parlare dei “fenomeni di degrado del costume e di scivolamento nell’illegalita’ che, insieme ad annose inefficienze istituzionali e amministrative, provocano un fuorviante rifiuto della politica”.
Si rischia di perdere il senso morale, l’idea del vivere in comune. Per reagire c’e’ solo una “larghissima assunzione di responsabilita’ ad ogni livello della societa’, in funzione di cambiamenti divenuti indispensabili non solo nel modo di essere delle istituzioni e nei comportamenti individuali e collettivi”. Non era cosi’ preoccupante, la situazione, da molti anni. Forse dai tempi di Tangentopoli. Forse anche prima.
Occorre reagire.