antigone3NOLA – In occasione della “notte bianca dei licei classici” non poteva mancare la partecipazione di uno degli istituti scolastici storici della città bruniana, il liceo classico “Giosuè Carducci”, del quale una delegazione di alunni ha messo in scena, nel suggestivo scenario della chiesa dei S.S. Apostoli di via S. Felice, una delle tragedie greche più celebri, l’ “Antigone” di Sofocle. La rappresentazione ha concluso il percorso formativo denominato “Consapevolezza ed espressioni culturali”, nell’ambito del modulo “Il potere delle donne”.

Questa la sinossi dell’opera sofoclea: la tragedia, rappresentata per la prima volta nel 442 a.C., mette in scena un episodio del ciclo tebano. I figli del re Edipo, Eteocle e Polinice, in lotta tra loro in una guerra fratricida per la successione al trono di Tebe, si sono uccisi in duello e Creonte, nuovo re, vieta la sepoltura di Polinice in quanto traditore della città.

Egli concede la sepoltura a uno solo dei fratelli, a Eteocle che, morto alla testa dei Tebani per la difesa della patria, può essere chiuso nel sepolcro e può avere gli onori del funerale. Polinice, che, non rassegnato al giusto esilio, tornò ad Argo con armati per spargere il sangue fraterno e piegare i suoi concittadini in schiavitù, non viene ritenuto degno di questo onore, non merita le offerte funebri.antigone5

C’è ordine per tutti di non coprirlo di terra e di non piangerlo nemmeno («Non abbia sepoltura né pianto. Questo è il mio giudizio: i traditori della patria non avranno mai da me onori uguali ai giusti. Solo chi serve la patria potrà sperare di essere onorato da me, in morte come in vita» – tuona Creonte). Egli è il re e a lui appartiene stabilire la retribuzione di castigo e di premio agli amici e ai nemici, ai vivi e ai morti: chi farà un solo gesto per seppellirlo, sarà lapidato.

Il corpo di Polinice sarebbe stato divorato dai corvi e dai cani, se Antigone («L’altra, pallida, occhi asciutti, quasi non più fanciulla»), sorella di entrambi, in obbedienza alle legge non scritte degli dei e contro il decreto di Creonte, ignorando i consigli della sorella Ismene («Noi siamo donne, non possiamo, per natura, lottare contro un uomo e contro un sovrano. Chiederò perdono ai morti e obbedirò alla potenza dei vivi! Io non disprezzo le leggi divine, ma non so disobbedire a quelle dello stato!») non avesse seppellito Polinice, venendo condannata a morte.

Rinchiusa in una grotta si impicca prima che Creonte, in seguito alla profezie di Tiresia, la liberi. Ma un destino di dolore attende anche Creonte che pagherà il fio della sua cieca ostinazione con le morti cruenti del figlio Emone, cui Antigone era stata promessa in sposa, e della moglie Euridice.

In Antigone, l’amore della stirpe è più forte dell’amore della legge. Quello che colpisce in lei è il suo quasi disprezzo della morte; è di animo forte come lo era il padre, non la spaventa la sventura che la sovrasta: «Di morire non ho paura: sono nata mortale e non per tuo decreto. Per me che vivo dalla nascita nei lutti e negli orrori, più presto muoio e più presto avrò pace. A me basta di aver dato sepoltura a mio fratello: è tutta la mia gloria!» – così si rivolge al re Creonte.

Di fronte al dilemma cui la sottopone il re («Devi scegliere: se onori l’uno, offendi la memoria dell’altro», ella risponde che onorare un fratello non è una vergogna.

Interessante questo dialogo nella reggia di Creonte:

Creonte (di seguito C): «Anche Eteocle, ucciso da lui (Polinice), era tuo fratello».

Antigone (di seguito A): «Certo. Erano nati dagli stessi genitori».

C: «Ma non sono degni dello stesso onore».

A: «Eteocle è morto e non si può più offendere».

C: «Dunque, li metti tutti e due alla pari?!?!»

A: «Certo. Era suo fratello Polinice, non il suo schiavo!»

C: «Ma uno è morto per difendere Tebe, l’altro assalendola».

A: «La legge della morte è uguale per tutti».

C: «No. Un nemico, anche morto, resta sempre un nemico».

A: «E se io vogli amare anche il nemico?»

C: «Allora andrai ad amarlo sotto terra».

E ancora, in seguito, emerge la personalità della protagonista della tragedia quando la sorella Ismene le dice: “Sono anche io colpevole, lascia che sia al tuo fianco nella sventura” ed ella risponde: “No. Faresti un atto che non ti appartiene. Io basterò a morire. Salvati la vita, io non te la invidio. Io a questa vita sono già morta da molto tempo”.

Contro ogni consiglio della prudenza, ella va a ricoprire il germano morto e vìola, così fedele ad una legge antica, il comando di Creonte. Ma quest’ultimo è uomo retto, ha posto la legge al di sopra delle parti e anche al di sopra di se stesso.

Magnifica, tenera, piccola, indifesa Antigone. Non vi è mai stata tragedia più grande di questa. E non soltanto per le ragioni del cuore che trionfano sulla ragion di stato (che già è un’enormità!). E’ l’amore, la pioggia d’amore che fa grande, insuperabile “Antigone”. E’ questa eco, questo vaticinio, questo grido che ci arriva da lontano: “Gli uomini sono tutti uguali davanti alla fine

In uno spazio vuoto corpi immobili prendono vita: anime che raccontano ciò che erano, ciò che sono, ciò che saranno. Personaggi eterni che mettono in scena una storia immortale, un dilemma che non avrà mai fine: scegliere tra la giustizia divina e quella terrena. Antigone lotta per dar vigore a leggi che, ora come allora, sono superiori al nostro essere umani; Creonte, invece, difende le proprie leggi, il proprio stato, la propria desolante umanità. Noi, come spettatori, prendiamo le parti ora dell’uno ora dell’altro. Forse non troveremo risposte, sicuramente continueremo a porci domande.

Un particolare grazie” – ha commentato Francesco Scotto, regista della rappresentazione – “agli attori, tutti ragazzi seri che hanno lavorato con passione e tenacia. Si sono molto impegnati in questa straordinaria avventura e credo che i risultati si siano visti. Spero che si siano divertiti e che continuino a coltivare l’amore per il teatro. Grazie di cuore perché senza di loro nulla sarebbe potuto accadere. Ringraziamenti anche alle professoresse tutor del corso e alla dirigente scolastica Prof.ssa Assunta Compagnone che ha voluto fortemente che questo progetto andasse in porto. Un ultimo, ma non ultimo, ringraziamento va al maestro Igor Canto, autore dell’adattamento del testo del copione”.

Personaggi ed interpreti: Antigone è Maria Di Lauro, Creonte è Armando Balletta, Emone è Ferdinando Isernia, Ismene è Alessia Mazzocchi, il messaggero è Riccardo Ruggiero, la guardia è Paolino De Risi, Tiresia è Milena Napolitano, Euridice è Rossella Foglia.

Coro dei cittadini tebani, composto da: Ivana Canfora, Biagio Ciccone, Rossella Foglia, Rosa Galasso, Teresa Lusi, Felice Mazzeo, Martina Sommese, Pasquale Tufano, Angela Vetrano.

Tutor POF (piano offerta formativa): prof.ssa Basile Fortuna, prof.ssa Sepe Velia, prof. Luigi Pasciari.

Tutor PON (programma operativo nazionale): prof.ssa Manganelli Rosa e prof.ssa Sorrentino Patrizia

Regia: Francesco Scotto                  Aiuto regia: Igor Canto

 

                                                                       Saverio Falco

 

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