Sfida uno a uno i suoi avversari, Matteo Renzi. Beppe Grillo, che rifiuta il confronto tv perché “la riforma dovrebbe non dico capirla, ma almeno leggerla…”.
Matteo Salvini, che va in Europa “solo a ritirare lo stipendio”.
E poi “De Mita, Dini, D’Alema, Berlusconi e Monti: cinque ex presidenti del Consiglio che sono contro questa riforma perché vogliono tornare”. E così con “il sorriso”, ma puntando bene gli sfidanti, il premier suona la carica a un mese del voto: “Dateci una mano perché col Sì l’Italia sia più forte in Europa”, dice da Padova. Per il No, accusa, c’è una “incredibile accozzaglia che sta insieme perché odiano noi, non perché amano l’Italia”.
“Dopo 35 anni di fallimenti, finalmente ci siamo”, esordisce il presidente del Consiglio in una tappa del tour referendario, che riprende dopo lo stop legato all’emergenza terremoto.
Renzi aggiunge che la vittoria del Sì “non è la rivoluzione”, né tantomeno un attentato alla democrazia, bensì un punto di partenza per “un’Italia e un governo forte per fare la battaglia in Europa”. “Bisogna smetterla con la subalternità alle tecnocrazie europee”, scandisce il premier, ribadendo l’intenzione di piazzare il barcone affondato nel Mediterraneo davanti al palazzo della Commissione “costato tre miliardi”.
Prima, però, il referendum. Il leader Dem da Padova annuncia un ultimo mese di campagna in cui girerà l’Italia “come un matto”. Ma avverte che serve una “esplosione di iniziative” dei cittadini tra la gente comune per spiegare le ragioni del Sì, perché “i talk show sono contro”. Lui, racconta, ha sfidato in tv i leader politici, Grillo e Berlusconi, a un confronto. Per respingere l’accusa (“Se non fosse seria ci sarebbe da ridere: ce la fa Casa Pound”) di deriva autoritaria. POLITICA ITALIANA RADIO PIAZZA NEWS