Come l’alcolizzato dice che “il vino fa buon sangue”, chi fuma canne dice che “la marijuana è naturale e quindi fa bene”. A volte quest’ultima asserzione viene smentita dai veterani del mondo dello spinello che, con aria disgustata, dicono ai novellini: “Ahh… non c’è più l’erba di una volta, adesso costa un casino e chissà che schifo ci mettono dentro… Io me la faccio in casa così so cosa fumo”. Di conseguenza, l’assuefazione (effetto che porta la persona ad avere bisogno di consumare maggiori quantità di tale sostanza) e l’esempio degli esperti, portano coloro che si stanno inserendo nel mondo delle droghe a pensare che la coltivazione sia la soluzione migliore. Non è una novità la “marijuana fai da te”: da lungo tempo gli assidui canna-dipendenti spargono i semi di canapa indiana in terre potenzialmente fertili con la speranza di poter essiccare e consumare il loro raccolto. E’ noto anche alle forze dell’ordine le quali nella prima metà di autunno controllano “meticolosamente” campagne e boschetti che potrebbero rivelare piantagioni clandestine. E’ meno noto, invece, nonostante sia in costante aumento (come stimato dall’ONUDC) che si prenda in considerazione la possibilità di coltivare dentro le mura di casa propria (coltivazione indoor) La cannabis indica èuna pianta bisognosa di luce e cure particolari, quindi i coltivatori principianti ricorrono ai consigli degli esperti i quali hanno generato un grosso mercato legale presso gli smart shops.
Questi negozi vendono principalmente sostanze tossiche non classificate come illecite dal Ministero della Salute. In più si dedicano alla venditadi semi di canapaindiana oltre a disporre di manuali e kit completi per trasformare la propria casa in una serra illegale. Inoltre vendono fertilizzanti capaci di moltiplicare il principio attivo presente nei fiori quindi aumentando l’effetto e rendendo la marijuana molto più nociva. Questa cultura della coltivazione indoor, importata dall’Olanda, porta a macchiare la fedina penale di molti giovani e la dipendenza che si crea con questo “concentrato di marijuana” è paragonabile a quella che si sviluppa con le droghe chiamate “pesanti”.
L’Associazione Narconon Sud Europa, con i suoi operatori, si è trovata a dover fronteggiare più volte casi di dipendenza da marijuana con la riabilitazione presso i centri Narconon e molti ne sono usciti. Inoltre, l’associazione raggiunge i giovani con le conferenze di prevenzione aiutando loro a diventare consapevoli su cosa veramente è la droga con un’analisi a 360° sul soggetto.