L’ultima sua grande sfida è stata lottare contro un cancro ai polmoni. E ha resistito fin quando ha potuto. Pasquale Squitieri, regista napoletano e negli anni Novanta anche senatore di Alleanza Nazionale, è morto oggi all’età di 78 anni nell’ospedale Villa San Pietro di Roma. Al suo fianco il fratello Nicola, la seconda moglie Ottavia Fusco e la figlia Claudia.
Le opere cinematografiche
Squitieri, laureatosi in Giurisprudenza negli anni Sessanta e per diverso tempo impiegato bancario, ha debuttato al cinema nel 1969 con “Io e Dio”, un film prodotto da Vittorio De Sica. Poi per un breve periodo, pur utilizzando lo pseudonimo di William Redford, si dedicò allo spaghetti western con pellicole come “Django sfida Sartana”. Dalla metà degli anni Settanta i suoi film più impegnati e famosi come “L’ambizioso” (1975), “Il prefetto di ferro” (1977) e “Corleone” (1978) tutti incentrati sui contatti tra mafia e politica. E ancora “Viaggia, ragazza, viaggia, hai la musica nelle vene” (1974) e “Atto di dolore” (1990) sulla droga e “Gli invisibili” (1988) sugli anni del terrorismo. Regista sempre attento a cosa accadeva nella società, diresse “L’avvocato de Gregorio” (2003), una pellicola sulle “morti bianche” e “Razza selvaggia” (1980) e “Il colore dell’odio” (1990) che affrontano i problemi dell’immigrazione. Di grande rilievo i suoi film storico-politici, tra i quali spiccano “I guappi” (1973), “Claretta” (1984) e “Li chiamarono… briganti!” (1999), Proprio quest’ultima pellicola, che narra la storia del brigante Carmine Crocco, fu al centro di un caso perché oltre alle polemiche scatenate fu ritirata quasi subito dalle sale cinematografiche Lutto radio piazza