Nasce a Napoli con cinque Università il Tavolo italiano di lavoro per il Patto Mondiale per l’Ambiente
Varato da un gruppo di esperti internazionali, presentato in Francia da Macron e sostenuto dall'ONU il Patto Mondiale per l'Ambiente adesso attende di diventare un Trattato vincolante a livello mondiale ma si è scontrato con l'opposizione di Russia e Stati Uniti LA GAZZETTA CAMPANA
Prevenzione, precauzione e “chi inquina paga”. Sono i punti cardine del “Global Pact for the Environment”, il Patto Mondiale per l’Ambienteche dopo due anni dalla sua stesura, in un momento decisivo per il suo iter internazionale, trova in Italia un nuovo organismo di sostegno e diffusione. Nasce, infatti, stamane all’Università Suor Orsola Benincasa di Napoli, sede del primo corso di Laurea italiano specificamente dedicato alla Green Economy, il Tavolo italiano di lavoro per il Patto Mondiale per l’Ambiente. Sono già cinque le Università italiane coinvolte nel progetto di lavoro (con il Suor Orsola ci sono l’Università degli Studi della Campania “Luigi Vanvitelli” e le Università di Foggia, Torino e Roma Tre).
“L’impegno delle Università per il Patto Mondiale dell’Ambiente deve diventare sempre più intenso ed efficace – ha spiegato il Rettore del Suor Orsola, Lucio d’Alessandro, vicepresidente della Conferenza dei Rettori delle Università Italiane – perché siamo in un momento in cui è in gioco una nuova “visione del mondo”, un cambiamento di paradigma che deve fondare e sorreggere un diverso modello globale di governo dei processi produttivi, presi nel loro insieme. Una trasformazione radicale in cui la formazione dei giovani assume una funzione prioritaria e certamente determinante perché la questione ambientale e l’economia verde quale possibile risposta sono il vero crocevia scientifico, politico ed economico dei nostri tempi”.
Il lungo percorso del Patto Mondiale per l’Ambiente e la risoluzione ONU con i voti contrari di Russia e Stati Uniti
Varato nel 2016 con un testo originale in sei diverse lingue (arabo, cinese, inglese, francese, russo e spagnolo) da un network internazionale di esperti di tutto il mondo, il “Group of Experts for the Pact”, presieduto dal presidente del Consiglio Costituzionale francese, Laurent Fabius, e con la presenza anche di tre illustri studiosi italiani (Domenico Amirante, Tullio Scovazzi e Rosario Ferrara), il Patto Mondiale per l’Ambiente è stato presentato per la prima volta nella sua stesura definitiva il 24 giugno 2017, all’Università Sorbona di Parigi, dal Presidente francese Emmanuel Macron. Da allora è iniziata una lunga battaglia per il riconoscimento dello stesso come complesso di norme vincolanti. Il 19 marzo 2018 anche la Commissione Europea ha sollecitato al Consiglio un mandato per negoziare un Patto globale per l’ambiente in nome dell’Unione Europea. Infine, il 10 maggio 2018, l’Assemblea Generale delle Nazioni Unite ha approvato, con una maggioranza schiacciante (ma con i voti contrario politicamente pesanti della Russia e degli Stati Uniti), una risoluzione dal titolo Towards a Global Pact for the Environment che segna l’apertura delle negoziazioni internazionali per l’approvazione del Patto.
“Il sistema di tutela ambientale ideato dal Patto – ha sottolineato Domenico Amirante, coordinatore del Dottorato di Ricerca in Comparative Law dell’Università della Campania “Luigi Vanvitelli” e membro del Group of Experts for the Pact – si basa sulla centralità del principio della prevenzione, intesa come modalità ‘ordinaria’ dell’azione in campo ambientale e che deve informare tutti i momenti dell’agire pubblico, ma oggi anche privato. Gli altri due principi svolgono quindi funzioni sia ausiliarie che integrative, nei confronti della prevenzione. Ad esempio, il principio “chi inquina paga” rappresenta non solo uno strumento per l’integrazione degli obiettivi della prevenzione nelle attività economiche e nelle politiche pubbliche e sociali (l’internalizzazione dei costi ambientali), ma anche una norma di chiusura a cui ricorrere in quei casi definibili di ‘fallimento della prevenzione’, e che, purtroppo, non appaiono allo stato attuale trascurabili. Il principio precauzionale agisce invece ‘a monte’ essendo chiamato ad intervenire nei casi in cui l’approccio preventivo non può essere applicato, ponendosi come filosofia ordinamentale relativa alla gestione dei rischi incerti o potenziali”.
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