Nato in un’illustre famiglia di senatori e consoli, era figlio del prefetto della Provincia d’Aquitania. Studiò legge e filosofia, e a quindici anni, quando il maestro si trasferì a Milano, aveva già completato gli studi letterari. A poco più di vent’anni era annoverato tra i seicento senatori. Nel 378, uscito di carica, gli spettava il governo di una provincia senatoria e scelse la Campania. Anziché insediarsi a Capua preferì Nola, dove aveva alcuni possedimenti. A Cimitile, vicino a Nola, era venerato san Felice. Prima di tornare in Aquitania, secondo una cerimonia di tradizione pagana, Paolino si tagliò la barba e la consacrò a san Felice, reputato “martire”, pur non avendo versato sangue, per come aveva accettato le sofferenze in vita. A Barcellona conobbe Therasia, donna ricca e bella, ma (diversamente da lui) cristiana e battezzata. Therasia divenne la sua consorte e lo guidò verso la conversione. Nel 389, a 35 anni circa, nella chiesa di Bordeaux, Paolino ricevette il battesimo dal vescovo Delfino. Nel 392 dalla coppia nacque Celso, che morì appena otto giorni dopo la nascita. L’evento segnò Paolino per sempre e lo spinse ancora di più a rifugiarsi nella fede. Il suo percorso di conversione era completo.

Nel 393 Paolino si trovava a Barcellona e, durante una celebrazione liturgica del Natale, i fedeli invocarono: «Paolino sacerdote…!». Decise di farsi ordinare presbitero, secondo la massima: “Voce di popolo, voce di Dio”. Dopo l’ordinazione, nel 394, partì per un viaggio in Italia dove conobbe sant’Ambrogio. Durante una sosta in Toscana Paolino e la moglie decisero di dedicarsi totalmente alla vita monastica. Egli decise di stabilirsi a Nola, dove aveva soggiornato da governatore della Campania e dove si trovava la tomba di san Felice, cui era particolarmente devoto. Fondò un cenobio maschile e uno femminile, che si distinsero per l’intensa vita di preghiera e l’assistenza ai poveri. Appena arrivato, si ammalò gravemente; guarì solo dopo lungo tempo. (Secondo la leggenda agiografica, la guarigione fu dovuta a un miracolo di san Felice). In seguito fece innalzare una basilica a san Felice, al posto del modesto santuario allora esistente, e attorno vi edificò una serie di chiostri ricchi di colonnati e fontane per accogliere le migliaia di pellegrini che ogni anno si recavano presso l’ara di san Felice. La moglie Therasia morì tra il 409 e il 414.

Il 24 agosto del 410 Alarico Ire dei Visigoti, entrò in Roma e la saccheggiò. Paolo, vescovo di Nola, morì in quell’anno, proprio quando Alarico era alle porte della città. Il popolo dei fedeli, con situazione analoga a quella di Barcellona, invocò: «Paolino Vescovo!», e di nuovo egli accettò la carica. Nola fu presa e devastata dai visigoti, e molti abitanti vennero fatti prigionieri. Paolino vendette caritatevolmente tutti i suoi averi, compresa la croce episcopale, per riscattare i prigionieri. Quando non ebbe più niente, offrì la propria persona agli invasori per riscattare l’unico figlio di una vedova. A 55 anni, passò dall’essere sacerdote a essere vescovo e poi schiavo nel giro di un anno. Giunto in Africa e venduto come schiavo, divenne il giardiniere del proprio padrone. Un giorno Paolino profetizzò l’imminente morte del re al suo padrone e, condotto innanzi al regnante, questi ne ebbe paura: in un suo sogno, Paolino presiedeva un tribunale di giudici contro di lui. Interrogatolo e scoperta la sua carica di vescovo, il padrone gli promise di concedergli qualsiasi cosa avesse chiesto; Paolino rispose che non desiderava altro che la liberazione sua e di tutti i nolani con lui. Così avvenne, e questi tornarono al loro paese, accompagnati da navi cariche di grano. Sulla spiaggia di Torre Annunziata fu accolto assieme ai prigionieri riscattati dai fedeli nolani che portavano e sventolavano mazzi di fiori. Ancor oggi sopravvive la tradizione dell’accoglienza: la prima domenica dopo il 22 giugno, a Nola si tiene la Festa dei Gigli.