La talassemia (o anemia mediterranea o microcitemia) è una malattia ereditaria caratterizzata da un difetto nella sintesi dell’emoglobina, la proteina contenuta nei globuli rossi del sangue, che ha il compito di trasportare l’ossigeno alle diverse cellule del corpo e di eliminare l’anidride carbonica.
La molecola dell’emoglobina è formata da una testa, denominata eme, e da catene proteiche (globine), indicate con le lettere greche alfa, beta e gamma.
I difetti di una o più di queste catene causano le diverse sindromi talassemiche, in particolare le alfa-talassemie e le beta-talassemie.
La forma più diffusa in Italia e nell’area mediterranea è la beta-talassemia o anemia mediterranea, provocata da un’alterazione della catena globinica di tipo beta. Queste catene proteiche sono regolate da due geni che si trovano in due cromosomi omologhi, uno di origine paterna e uno di origine materna. Si possono avere due casi principali:
1) L’individuo possiede un solo gene difettoso (forma eterozigote). In tal caso si parla di portatore sano e la disfunzione viene chiamata beta-talassemia minor.
La maggior parte dei soggetti con talassemia minor non presenta alcun sintomo di rilievo, tanto che molte persone ignorano di essere affetti da tale disfunzione.
In questi soggetti, i globuli rossi sono in numero maggiore che nei soggetti normali, ma sono un po’ più piccoli (di qui il termine di microcitemia) e più poveri di emoglobina (intorno al 15% in meno rispetto alla norma). Circa il 20% dei soggetti presenta un leggero ingrossamento della milza.
Tuttavia, nella maggioranza dei casi, il gene ereditato dal genitore sano consente una produzione di globuli rossi e di emoglobina più che sufficiente per condurre una vita normale.
2) Se un individuo possiede entrambi i geni difettosi (forma omozigote), ci troviamo di fronte a quella che viene chiamata beta-talassemia major o morbo di Cooley. Questa forma si manifesta nei bambini subito dopo la nascita con un notevole pallore della pelle, sintomo che rivela la presenza di una gravissima anemia: i globuli rossi sono in numero ridotto, con una scarsa quantità di emoglobina. Non sono perfettamente rotondi ma deformati in vario modo, molti sono soltanto dei frammenti.
Il paziente è costretto a periodiche trasfusioni di sangue (ogni 15-20 giorni) per tutta la vita. Le trasfusioni, però, comportano inevitabilmente un eccessivo apporto di ferro, il quale finisce per accumularsi in organi importanti come il cuore, le ghiandole endocrine e il fegato, compromettendone le funzioni.
L’unico modo per evitare questo dannoso accumulo di ferro è quello di effettuare una corretta terapia con appositi farmaci (ferrochelanti).
Origini
La malattia, scoperta e descritta in una persona sana nel 1943 da due studiosi italiani, Ezio Silvestroni e Ida Bianco, ha probabilmente origine da mutazioni genetiche favorite da fattori ambientali.
I primi casi di cui si ha notizia riguardano i Fenici che, probabilmente, sono stati il veicolo di diffusione della malattia nell’area del Mediterraneo.
Diffusione
In Italia si contano circa 2 milioni e mezzo di portatori sani, concentrati soprattutto in Sardegna e in Sicilia, nelle regioni meridionali, ma anche nel delta padano e veneto.
All’estero, la malattia è frequente nell’Africa centrale, nel Sud-est asiatico, in Medio Oriente e in alcune zone dell’India.
In Italia vivono oggi circa 7.000 persone affette dalla forma omozigote di talassemia.
Trasmissione ereditaria
Possono verificarsi due casi:
1) uno soltanto dei genitori è microcitemico, mentre l’altro è normale. In tal caso, circa la metà dei figli eredita un gene normale e uno microcitemico (essi saranno perciò dei “portatori sani” della malattia); l’altra metà eredita due geni normali e i figli saranno del tutto normali.
Non ci sono possibilità di generare figli ammalati della forma grave di talassemia.
2) Tutti e due i genitori sono microcitemici. Negli eventuali figli che nasceranno si avranno le seguenti probabilità (teoriche):
a) 25% – individui sani
b) 50% – individui affetti da beta-talassemia minor (forma eterozigote di microcitemia)
c) 25% – individui ammalati gravi, con beta-talassemia major (forma omozigote).
Prevenzione
La probabilità di generare figli affetti da talassemia major, se entrambi i genitori sono portatori sani di microcitemia, è del 25% (un bambino su 4 risulterà gravemente ammalato).
E’ quindi molto importante, prima di mettere al mondo dei figli, che i genitori si sottopongano ad analisi specifiche tese a individuare la presenza di questa mutazione.
Se i portatori di microcitemia evitano di avere figli con altri portatori sani e scelgono un coniuge non microcitemico, non potranno avere figli con beta-talassemia major (la forma grave).