Milano, 18 giu. – Non si fermano le indagini sull’omicidio di Yara dopo l’arresto del presunto colpevole, Massimo Bossetti. Anche se gli inquirenti si dicono sicuri della pista imboccata dopo tre anni e mezzo di indagini, e’ lo stesso questore di Bergamo Fortunato Finolli a chiarire: ci sono ancora accertamenti da svolgere e i tempi non saranno brevi”. Non escluso, anche se al momento remoto, quello sulla possibile presenza di un complice. Gli inquirenti mettono intanto a fuoco i punti fermi dell’inchiesta che si arricchisce anche di altri e drammatici elementi. Tra il dna di Bossetti e quello ritrovato sugli slip di Yara vi e’ “sostanziale e assoluta certezza di compatibilita’”, scrive il pm Letizia Ruggeri nel provvedimento di fermo a carico del muratore di Mapello. Nel capo d’imputazione si contesta l’omicidio con l’aggravante delle sevizie. Il pm sottolinea infatti come la ragazza sia stata colpita “con tre colpi al capo e con plurime coltellate” in diverse parti del corpo prima di essere abbandonata “agonizzante in un campo isolato”. E la morte della giovane e’ “da ricondurre agli effetti concausali dell’ipotermia e delle lesioni da arma bianca e contusiva”. Nel provvedimento di fermo vengono catalogati fra gli indizi anche le “polveri riconducibili a calce” trovate nei polmoni, sul corpo e gli indumenti di Yara che riconducono al lavoro di muratore di Bossetti. Polveri che sono “possibile espressione di contaminazione da parte di materiali utilizzati solitamente, anche se non esclusivamente, nell’attivita’ edilizia”. Il suo cellulare, inoltre, risulta tra quelli che avevano impegnato la cella della zona dove e’ stato ritrovato il cadavere dell’adolescente nell’ora in cui sarebbe avvenuto l’omicidio. Nel frattempo scoppia pero’ la polemica tra la procura di Bergamo e il ministro dell’interno Angelino Alfano sulla diffusione della notizia. A dar fuoco alle polveri, di primo mattino, il procuratore capo orobico Francesco Dettori. “Era intenzione della Procura mantenere il massimo riserbo – dice – anche a tutela dell’indagato in relazione al quale, secondo la Costituzione, esiste la presunzione di innocenza”. Immediata la replica del ministro: “Credo che il procuratore di Bergamo non ce l’avesse con me anche perche’ non ho divulgato dettagli, si dovrebbe chiedere invece chi ha inondato i mass media di una quantita’ infinita di informazioni. Certamente non e’ stato il governo”. “L’opinione pubblica – ha aggiunto – aveva il diritto di sapere ed ha saputo anche per essere assicurata”. Nella tarda mattinata la controreplica di Dettori che getta un po’ d’acqua sul fuoco ma non arretra: “Non c’e’ nessuna polemica ma questa situazione non mi e’ piaciuta”. Venatura polemica anche da parte dell’ex ministro degli Interni, Roberto Maroni: “Se l’avrei fatto anch’io? Ci ho pensato quando ho visto la dichiarazione del procuratore di Bergamo, che voleva mantenere il riserbo sulla vicenda, a tutela della persona arrestata. Preferisco non commentare”. Tace invece la famiglia Gambirasio che attraverso il suo legale, Enrico Pelillo, fa comunque sapere di non aver mai conosciuto Bossetti, di non aver certo esultato alla notizia dell’arresto e soprattutto di aver fiducia nella giustizia. .