Seul, 14 ago. – Non ha spaventato Papa Francesco la notizia – confermata da fonti militari – dei tre missili a corto raggio lanciati dai nordcoreani nel Mar del Giappone 35 minuti dell’arrivo del volo papale all’aeroporto internazionale di Seul. E mentre il portavoce, padre Federico Lombardi, si e’ limitato a descrivere l’episodio come privo di “un significato particolare e certamente non un grande evento”, ricordando che dalla Corea del Nord vengono lanciati missili almeno 75 volte ogni anno, Jorge Mario Bergoglio nemmeno ha commentato la cosa.
E ha invece confermato il suo pieno appoggio alla causa della riunificazione delle due Coree, prima parlandone in privato con la presidente Park Geun-hye (che con un gesto non usuale per il suo Paese si e’ recata all’aeroporto ad accogliere l’ospite) e poi esprimendo pubblicamente – nel discorso alle autorita’ civili alla “Blue House” di Seul – il proprio apprezzamento per gli sforzi in favore della riconciliazione e della stabilita’ nella penisola coreana”. “Incoraggio tali sforzi, che sono l’unica strada sicura per una pace duratura”, ha detto il Pontefice, che per la prima volta ha pronunciato un lungo discorso in lingua inglese, nel quale ha sottolineato che quella della riunificazione delle Coree e’ una causa che gli sta “particolarmente a cuore perche’ influenza la stabilita’ dell’intera area e del mondo intero, stanco della guerra”. “E’ tempo di riconciliazione e di riunire le due Coree: noi siamo fortemente impegnati in questo senso. Una sola Corea e’ l’aspettativa di tutti coloro che amano la pace e spero che dal viaggio venga un contributo”, ha commentato la presidente Park Geun-hye. Meno ottimisti i vescovi, il cui presidente, monsignor Peter U-il Kang, ha descritto una situazione sempre in bilico con il rischio di cadere nel precipizio di una nuova guerra “a 66 anni dalla divisione della nazione tra nord e sud”, costata un milione e mezzo dei morti e tre milioni e seicentomila feriti”. “Le due Coree – ha detto il vescovo – sono ancora in stato di sospensione temporale della guerra. Per cui da entrambe le parti si e’ sempre pronti alla guerra in qualsiasi momento”. “Si sta rafforzando – ha denunciato – linea di demarcazione militare con armi sempre piu’ sofisticate”. “Se si realizzasse l’unificazione tra le due Coree, saremmo capaci di accettare ed abbracciare calorosamente il popolo del Nord considerandolo come proprio fratello e nostro prossimo?”, si e’ chiesto il presidente della Conferenza Episcopale Coreana, confidando: “Mi viene al cuore un dubbio e mi preoccupo”.
Quella di una estrema cautela in tema di rapporti con la Corea del Nord sembra del resto una cifra di questo episcopato: il cardinale di Seul, Andre Yeom Soo-jung, nella sua qualita’ di amministratore apostolico “sede vacante” di Pyongyang e’ arrivato a negare che i fedeli del Nord, che proseguono una vita di fede pur senza celebrare i sacramenti per mancanza di preti, siano veri cattolici, adombrando invece il sospetto che siano fantocci del regime sanguinario di Kim Jong-il. A tale diffidenza della Chiesa del Sud, l’associazioen filo-regime dei cattolici del Nord ha replicato rinunciando a inviare una delegazione da Papa Francesco. Sessanta ragazzi sono attesi invece dalla Repubblica Popolare Cinese, alla quale, Bergoglio ha indirizzato – primo Papa a sorvolarne il territorio – “i migliori auguri di pace e benessere “. In realta’ il Papa ha parlato con molta franchezza ai presuli della Corea del Sud – che ai suoi occhi sono forse un po’ troppo manager – esortandoli a dar vita a “una Chiesa povera e per i poveri”, che se ne stia lontano da modelli e comportamenti tipici del mondo degli affari, rifuggendo “uno stile di vita e una mentalita’ guidati piu’ da criteri mondani di successo e persino di potere che dai criteri enunciati da Gesu’ nel Vangelo”. “Essere custodi di speranza – ha ricordato ai presuli – implica che la testimonianza profetica della Chiesa in Corea continui a esprimersi nella sua sollecitudine per i poveri e nei suoi programmi di solidarieta’, soprattutto per i rifugiati e i migranti e per coloro che vivono ai margini della societa’”. Una sollecitudine che per il Papa “dovrebbe manifestarsi non solo attraverso concrete iniziative di carita’, che sono tanto necessarie, ma anche nel costante lavoro di promozione a livello sociale, occupazionale ed educativo”. Papa Francesco ha cosi’ messo in guardia i vescovi coreani “dal rischio di ridurre l’impegno con i bisognosi alla sola dimensione assistenziale, dimenticando la necessita’ di ognuno di crescere come persona e di poter esprimere con dignita’ la propria personalita’, creativita’ e cultura”. “La solidarieta’ con i poveri – infatti – va considerata come un elemento essenziale della vita cristiana; mediante la predicazione e la catechesi, fondate sul ricco patrimonio della dottrina sociale della Chiesa, essa deve permeare i cuori e le menti dei fedeli e riflettersi in ogni aspetto della vita ecclesiale”. “L’ideale apostolico di una Chiesa dei poveri e per i poveri ha trovato espressione eloquente nelle prime comunita’ cristiane della vostra nazione”, ha riconosciuto Francesco, che nella prima giornata della sua visita ha voluto rendere omaggio al coraggio dei 124 martiri che beatifichera’ nel suo viaggio, YiByeok e i nobili anziani della prima generazione, al cui messaggio “la Chiesa in Corea – ha detto – guarda come in uno specchio, per scoprire autenticamente se’ stessa”. Questa mattina i parenti delle 300 vittime del naufragio del traghetto Sewol, avvenuto lo scorso aprile, hanno potuto incontrare il Pontefice all’aeroporto di Seoul. Il naufragio di quel traghetto in Corea rappresenta ancora una ferita aperta. E’ possibile che altri parenti delle vittime che non potevano essere presenti oggi a Seul incontrino il Papa domani nella citta’ di Daejeon. Per i familiari dei ragazzi morti a causa dell’avidita’ dell’armatore che sovraccaricava la nave e risparmiava sulle misure di sicurezza e l’addestramento dei marinai, l’incontro con Francesco e’ motivo di speranza anche perche’ aiuta l’opinione pubblica a non dimenticare quanto e’ accaduto.