Saviano – Un testo teatrale dal titolo “ C’è penza mammà” di Gaetano e Olimpia Di Maio. È il lavoro scenico, portato sul palcoscenico savianese, dal gruppo teatrale “Stati d’animo” per la regia di Gianni Parisi. Quest’ultimo, il regista della compagnia, non è stato presente in platea come previsto per motivi di impegni presi in precedenza; ha comunque voluto mandare un affettuoso  messaggio audio alla campagna e a presenti spettatori. Notevole consenso di pubblico. Meritano citazione gli attori: Antonio Franzese, Michele Palma, Nello Nappi, Roberta Iannello, Alfredo Bruni, Alfonso Annunziata, Francesco Romano, Annamaria Varretti, Susy Muselli, Luisa Allocca, Rosa Allocca. “ C’è penza mammà”  è un opera datata 1990. La trama si basa su un concatenazione di eventi, tante le situazioni comiche, grottesche, irragionevoli. Una storia surreale in una famiglia normale anche se tanto normale non è. I continui litigi in famiglia sono una caratteristica di primo impatto. Alcuni fratelli ricordano la loro madre scomparsa in giovane età anche nel quotidiano con un ritratto, di primo impatto, visivo all’apertura della scena, appeso ad una parete, un disegno a matita a tratti forti, di straordinaria somiglianza. Per un motivo legato al soprannaturale la citata madre mantiene un contatto ininterrotto con una delle figlie; la più grande in termini d’età. Il contatto, il canale misterioso  è il sogno; è in questo non luogo, materializzato tra altro in scena, che la storia narrata scenicamente assume dei risvolti determinanti: tutti i quattro fratelli vivono nella casa materna lasciata in proprietà e la suddetta madre da loro direttive, consigli, forse ad intenderli meglio, veri e propri ordini. Un personaggio ben vivo e reale e non solo una figura visionaria! Uno dei fratelli è un sempliciotto, purtroppo ritardato, è rimasto un bambino anche nei suoi modi di proporsi.  È visto come un problema e spesso indicato come tale e sembrerebbe che uno ospizio per curarlo sia la soluzione. L’interessato è di diverso avviso: spesso in scena è scherzoso dinamico e molto spesso si presenta, come tutto dipendesse da lì dal risolvere quel rompicapo, con in mano il cubo di Rubik, il giocatolo più venduto, 300 milioni di pezzi venduti. È proprio ispirata al mondo dei gioco la scenografia di Carmine Ciccone; colori vivaci, i colori del blu, rosso, giallo, verde, delle pareti, come pure gli oggetti di scena, in un contesto dove è stato riprodotto, su di una parete centrale  d’ingresso, un quadro di Andy Warhol; un vulcano in un esplosiva eruzione. La storia narrata scenicamente è tutto questo: un gioco di combinazioni e una situazione esplosiva.  I continui litigi tra marito e moglie; visibilmente attenuati, situazioni sceniche successive, dall’arrivo un figlio, un erede in arrivo; la moglie ha scoperto di esser incinta. Contemporaneamente il marito, interpretato da Michela Palma, ha scoperto e ritrovato una sua giovanissima figlia che ora dovrebbe arrivare lì in quella casa. Un arrivo imbarazzante in quel momento! In breve si decide di farla passare come nuova cameriera; un espediente, spontaneo,  temporaneo che non poteva esser celato a lungo; ha una somiglianza notevole con sua nonna; ovviamente la stessa del quadro che domina a scena. La  figlia, di detta madre protagonista della storia, la più grande in termini d’età, scopre che in realtà non è la figlia naturale ma che è stata adottata; per un motivo ovvio aveva tentato, su suggerimento del fratello, di far passare lei come la madre della falsa cameriera. Un tentativo subito smascherato per un serie di ovvie circostanze e che non combaciavano affatto! Tra altro subentra in scena un suo ex spasimante coinvolto suo malgrado nel groviglio che si sta delineando. È questo un personaggio che, all’insaputa di tutti, ha subito una profonda trasformazione interiore ed è ora un sacerdote. L’altra sorella di nome Cristina come mostrato, in precedenza, fin dalle scene iniziali, di carattere moto timido ha modo, comunque di trovar un compagno di vita. Quest’ultimo è un personaggio che entra, decisamente, nella storia con rivelazioni decisive; uno strano tipo che spesso ha un linguaggio improprio e grammaticalmente scorretto, si da spesso dei modi nobili senza saperli gestire, in contesto di assicurata comicità. Tutti gli ingredienti per un racconto dinamico! La verità, inesorabilmente, nell’epilogo, viene a galla e si dovrà delineare come poter sopravvivere al quadro che si prospetta! Su tal interrogativo, su quel voler fare in modo di avviarsi verso una risoluzione, la chiusura del sipario.

Antonio Romano

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