VALLO LAURO – I magistrati della Decima Sezione del Tribunale del Riesame di Napoli hanno ridimensionato il blitz antiusura scattato due settimane fa nel Vallo contro un gruppo che si presumeva legato al clan Cava di Quindici. Alla fine i giudici del Tribunale della Libertà di Napoli, accogliendo le istanze del difensore dei quattro arrestati hanno fatto cadere laccusa più grave, quella dellaggravante mafioso.
Larticolo sette, contestato agli indagati per alcuni rapporti di parentela degli stessi con soggetti della famiglia Cava di Quindici. Scarcerato Giuseppe Ferraro, peppe o zuoppo, ritenuto uno degli autisti e degli accompagnatori della mente del gruppo dedito allusura, Augusto Angieri, che tra laltro è stato lunico a rimanere in carcere. Per lui, infatti, i magistrati del Riesame hanno confermato la misura per usura aggravata e per abusivo esercizio del credito, senza laggravante della mafiosità, ma con la contestazione di aver approfittato dello stato di bisogno di imprenditori.
Arresti domiciliari per Carmelo Spasaro, il cognato di Augusto Angieri, che rispondeva di un prestito di milleduecento euro erogato ad un pensionato, che dalle indagini di Squadra Mobile e Commissariato di Lauro avrebbe avuto contatti con il gruppo di estorsori, tra laltro ridimensionando anche gli stessi davanti agli investigatori in sede di escussione a sommarie informazioni. Confermati i domiciliari anche per Michelangelo Angieri, lottantenne accusato di aver preso parte ad alcuni incontri con le «vittime» ed avrebbe lui stesso continuato a gestire affari illeciti a Bagnoli, dove aveva un passato nelle fila del clan DAusilio.
Linchiesta coordinata dal Procuratore aggiunto della Dda di Napoli Rosario Cantelmo ha dunque ricevuto uno stop dal Riesame. Non è escluso tuttavia che possano esserci ricorsi per Cassazione sia da parte della Direzione Distrettuale Antimafia di Napoli che da parte della stessa difesa dei quattro indagati, in particolare Angieri Augusto, che è lunico ad essere ancora detenuto. Restano in piedi però le accuse di usura. Quelle denunciate dai due imprenditori che erano finiti nel mirino del gruppo. In particolare il titolare di unagenzia di viaggi di Scisciano e di un imprenditore agricolo del salernitano.
Non solo, nella rete dei piccoli prestiti del gruppo di «strozzini» erano finiti soprattutto piccoli commercianti e artigiani vittime della crisi. La questione che si prepara a sollevare la difesa, ora, è quella legata alla competenza territoriale del procedimento. Non più antimafia, come stabilito dal Gip nella sua misura cautelare, ma quella ordinaria, in capo alla Procura di Avellino.  

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