OSLO – La storia che ha ossessionato la Norvegia per 13 mesi si conclude oggi. Con il ghigno sorridente sul volto di Anders Behring Breivik, condannato a 21 anni di carcere per le stragi che lo scorso anno hanno provocato 77 morti e più di 200 feriti con l’autobomba davanti alla sede del governo e il massacro sull’isola di Utoya 1. Si tratta della pena massima prevista dalle leggi norvegesi. La corte distrettuale di Oslo ha riconosciuto l’estremista di destra “sano di mente” e colpevole di “atti di terrorismo”. Gli anni di carcere saranno prorogabili se i giudici lo riterranno ancora pericoloso.

Arrivato in aula Breivik ha fatto il saluto a braccio teso. Il suo solito pugno destro, chiuso prima sul cuore e poi aperto verso l’alto, un saluto rituale del gruppo di estrema destra a cui appartiene. Lo ha fatto spesso. Nel corso del processo, Breivik si è più volte presentato in aula così, poi aveva smesso dietro precisa richiesta dei familiari delle vittime. Oggi no, l’ultimo saluto prima di andare in carcere Breivik l’ha fatto a suo modo.

Dopo la lettura del verdetto emesso dal giudice Arne LyngIn, in aula i sopravvissuti hanno esultato. Qualcuno si è commosso. Il 72 per cento dei norvegesi – secondo un sondaggio pubblicato dal quotidiano Verdens Gang -, voleva che fosse dichiarato capace di intendere e di volere. Ma la sentenza ha soddisfatto anche Breivik. L’estremista avrebbe fatto ricorso in appello solo nel caso gli fosse stata riconosciuta l’infermità mentale che poteva comportare l’internamento a vita in un istituto psichiatrico. “Per me sarebbe una condanna peggiore della morte”, aveva dichiarato. All’uscita del tribunale uno dei suoi avvocati, Geir Lippestad, ha confermato che Breivik non farà appello contro la sentenza.

“Ora non sentiremo parlare di lui per un po’, possiamo avere pace e tranquillità”, ha commentato all’emittente televisiva Tv2 Per Balch Soerensen, padre di una ragazza uccisa durante il massacro del 22 luglio. “Non significa niente per me – ha aggiunto – quell’uomo è solo aria”.

Adesso l’estremista sarà sottoposto a una “detenzione preventiva di almeno 10 anni e fino a un massimo di 21”. La formula della detenzione preventiva è più flessibile e permette alle autorità di prorogare la carcerazione all’infinito, anche oltre il limite massimo, fino a quando il detenuto sia considerato un pericolo per la società. In questo modo si aggirera il fatto che il diritto norvegese non preveda l’ergastolo neppure per crimini così efferati. Contro la detenzione preventiva il condannato può però presentare ricorso ogni cinque anni. Tra i precedenti c’è quello di Arnfinn Nesset, chiamato l’Angelo della morte norvegese, un infermiere e assassino seriale riconosciuto colpevole della morte di 22 pazienti e condannato nel 1983 a 21 anni di detenzione preventiva. Nel suo caso, però, la pena non fu prorogata.

Il codice penale norvegese non prevede la pena di morte o la condanna all’ergastolo e il massimo della pena per un delitto è la sentenza a 21 anni di galera. Anche se, le persone giudicate non sane di mente, possono essere trattenute a vita all’interno di strutture specializzate perché considerate un pericolo per la società. Breivik “non è rimasto sorpreso” dalla decisione dei giudici, ha detto uno uno dei suoi legali, Odd Ivar Gron, all’edizione online dell’Oslo Daily Vg.

Il 22 luglio del 2011, alle 15,26 una bomba esplose all’esterno del quartier generale del governo a Oslo, provocando la morte di otto persone. Poche ore dopo, un uomo identificato come Breivik, 32 anni all’epoca, iniziò a sparare all’impazzata contro i giovani riuniti sull’isola di Utoya per un campo politico del partito laburista. Le vittime sull’isola furono 69, portando a 77 morti il bilancio complessivo della giornata più buia della storia recente della Norvegia. Breivik fu arrestato poco dopo la strage e da subito emersero le sue posizioni estremiste. Fu ritrovato un manifesto di 1.500 pagine, scritto di suo pugno contro il multiculturalismo in Europa. I suoi legali hanno poi annunciato che l’uomo ha iniziato la stesura di una seconda parte.

Durante il processo a suo carico, che si è concluso a giugno, Breivik ha riconosciuto di aver commesso gli attacchi, ma non ha voluto dichiararsi colpevole perché ritiene le vittime fossero traditori che intendevano rendere la Norvegia un Paese multiculturale. “Ho agito per legittima difesa per conto del mio popolo, della mia città, del mio Paese, per questo chiedo di essere riconosciuto innocente”, ha detto Breivik in aula all’inizio del processo. “Condannatemi a morte o assolvetemi”, ha dichiarato nella terza giornata del processo, definendo provocatoriamente “patetica” la pena massima rischiata.

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